Sono 2.543 le segnalazioni di presunti episodi di discriminazione basati sulla disabilità arrivate da tutta la Lombardia al Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi (CAFB) della Lega per i diritti delle persone con disabilità (LEDHA) nei primi due anni di attività gratuita. Nel corso della quale i legali del Cafb hanno gestito 470 casi di discriminazione ai danni di persone con disabilità in linea con gli obiettivi del Centro inaugurato il 25 giugno 2015 a Milano, che sono appunto difendere i diritti dei disabili e delle loro famiglie da un punto di vista giuridico e diffondere la cultura dell’inclusione sociale.
Il primo viene perseguito attraverso una quotidiana attività di orientamento, informazione e consulenza legale. E gli strumenti utilizzati vanno dal consulto telefonico all’invio di documentazione utile (come sentenze, norme, articoli), fino alla redazione di pareri legali scritti. Il secondo obiettivo viene garantito grazie all’attività di assistenza legale personalizzata, sia di tipo stragiudiziale (ad esempio l’invio di diffide scritte e incontri con le controparti) sia di tipo giudiziale, attraverso il ricorso alla magistratura.
“Le nostre ‘vittorie’ più significative riguardano gli interventi sul diritto allo studio per gli alunni disabili e la questione della compartecipazione alle spese socio-sanitarie. Come gruppo LEDHA-Scuola abbiamo vinto tutti i 30 ricorsi presentati e sempre più famiglie di studenti con disabilità si stanno rivolgendo a noi per far valere i loro diritti. Il nostro lavoro è rendere più facile l’inclusione partendo, in particolare, dai banchi di scuola”, dice a ilfattoquotidiano.it l’avvocato Laura Abet che lavora per il Centro Antidiscriminazione intitolato allo scomparso giornalista e blogger con disabilità Franco Bomprezzi.
Le attività del CAFB si svolgono in “una realtà complessa”, dove la condizione di disabilità deriva non tanto dalla condizione personale ma anche dalle barriere architettoniche, sociali ed economiche poste da “una società che di fatto non è ancora capace di accettare e includere le diversità”, afferma Abet.
“Quasi sempre gli enti locali con cui ci confrontiamo preferiscono patteggiare a seguito delle nostre lettere di diffida o ricorsi, anziché arrivare a sentenza. Non vogliono risultare colpevoli di mancato riconoscimento dei diritti esigibili per Costituzione, oltre che riconosciuti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Il nostro impegno più grande è quello di affiancare le famiglie che già hanno mille problemi quotidiani legati alla burocrazia che invade quasi ogni aspetto della loro esistenza. Ma vedere vincere, con una certa regolarità, le nostre posizioni mi fa ben sperare e ci dà più forza per continuare su questa strada”, precisa Abet che è uno dei tre legali del Centro.
“Il nostro successo più recente è vedere riconosciuto come illegittimo il chiedere alle persone con disabilità di dare fondo ai propri risparmi per pagare le spese di assistenza”, afferma Abet. Lo ha stabilito il Tar di Milano accogliendo un ricorso presentato dall’amministratore di sostegno di una giovane con disabilità e con il supporto di Ledha e Anffas Milano.
“La sentenza annulla parte della delibera del Comune di Milano (approvata con la Dgc 2496/2015) in cui si prevede che nel caso in cui l’utente possieda beni mobili oltre la cifra di 5mila euro, l’amministratore comunale differirà l’intervento fino a che queste risorse, impiegate per il sostegno all’utente in forma privata, non si saranno ridotte all’importo di 5mila euro. Più semplicemente: il Comune di Milano (così come diversi altri comuni lombardi) chiedeva alle persone con disabilità e ai loro familiari di ‘consumare’ i propri risparmi, prima di intervenire con l’erogazione di servizi sociali e sociosanitari. Per i giudici tale disposizione si pone in contrasto con la normativa sovraordinata, ovvero quella regionale e nazionale. Queste due normative, infatti, stabiliscono chiaramente che non solo l’accesso ma anche la compartecipazione al costo delle prestazioni socio-sanitarie devono essere stabiliti avendo come base la disciplina statale sull’indicatore della situazione economica equivalente, l’ISEE (Dpcm. n. 159/2013). Deve quindi escludersi – aggiunge l’avvocato – che il reddito dell’assistito ai fini dell’accesso e ai fini della determinazione della compartecipazione alla spesa possa essere definito dal Comune avendo per oggetto elementi diversi”.
Il Centro Antidiscriminazione Bomprezzi di LEDHA, che è possibile contattare per una consulenza gratuita dal martedì al giovedì dalle 9.30 alle 12.30 al numero 02-6570425, non si occupa esclusivamente di inclusione scolastica e compartecipazione alle spese sociali, con la campagna “Vogliamo pagare il giusto”.
Le sue attività di sostegno giuridico, nei primi due anni dalla fondazione, sono incentrate anche sugli interventi legati ai casi di discriminazione sul lavoro (138) e l’accesso garantito alle prestazioni sanitarie (104). Nella maggior parte dei casi, l’attività degli avvocati si è focalizzata sulla consulenza legale (893 casi) e sull’assistenza legale stragiudiziale (207).
“Questi dati ci dicono che la discriminazione è un elemento quotidiano nella vita dei disabili, anche se siamo consapevoli che questi numeri rappresentano solo la punta dell’iceberg – commenta il presidente LEDHA Alberto Fontana -. In questi ultimi anni il livello di percezione della discriminazione si è sicuramente alzato, così come è cresciuto il livello di conoscenza del Centro. Ma al tempo stesso ancora troppe persone con disabilità e loro familiari vivono situazioni di discriminazione, spesso senza averne una piena consapevolezza”.
Articolo di Renato La Cara (pubblicato da ilfattoquotidiano.it)