È mancato lo scorso mese di ottobre, Pierluigi Cappello, persona con disabilità ma soprattutto poeta. Non siamo riusciti a ricordarlo allora, ma ci piace comunque farlo adesso affinché il suo pensiero e la sua opera possano trovare nuovi e attenti lettori e più vaste platee. (R.R.)
Si è spento ieri all'alba nella sua casa di Cassacco (Udine) il poeta Pierluigi Cappello, vittima di un male che non gli ha lasciato speranze. Nato nel 1967 a Gemona, Cappello è stato una delle voci più gentili e preziose della poesia italiana contemporanea. Costretto su una sedia a rotelle dall'età di 16 anni per un incidente in moto, si è dedicato alla poesia trovando nella propria infermità la principale fonte d'ispirazione.
Lo raccontò, anni dopo aver iniziato a scrivere, nelle malinconiche prose del libro "Questa libertà" (Rizzoli), che rappresentò il suo ingresso nella narrativa: «E tuttavia, col tempo, il letto si è trasformato in un tappeto volante, un luogo in cui per un po' ci si sottrae al mormorio del quotidiano e si vedono le cose da lontano e dall'alto». Autore pluripremiato, con la raccolta di poesie del volume "Assetto di volo" (Crocetti Editore) vinse il "Premio Nazionale Letterario Pisa" nel 2006, e il "Viareggio-Rèpaci" nel 2010 con il libro "Mandate a dire all'imperatore" (Crocetti). Nel suo ricco palmarès anche il prestigioso primo posto nel "Premio Montale" del 2004 con "Dittico", il "Vittorio De Sica" del 2012 consegnatoli da Giorgio Napolitano al Quirinale e il "Premio della Fondazione Maria Teresa Messori Roncaglia ed Eugenio Mari" per l'opera poetica, conferitogli nel 2013 dall'Accademia dei Lincei.
Tra i suoi lavori c'è stato spazio anche un libro per bambini: "Ogni goccia balla il tango" (Rizzoli). Tutte le poesie di Cappello, incluse quelle degli esordi, sono ora raccolte in due volumi usciti per Bur Rizzoli: "Azzurro elementare" e "Stato di quiete", quest'ultimo con prefazione di Lorenzo Cherubini, alias Jovanotti. L'artista toscano ha una grande passione per la poesia dell'autore friulano che definito come «una folgorazione, qualcosa di misterioso e vivo, parole che invece di venire lette, sono loro a leggere me. Con versi così si può riparare il mondo».
(Fonte: Il Tirreno – art. di Jeanne Perego)
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